La Dottoressa MaDai è in turno di visita con la Dottoressa Flora all’IRCCS Istituto Neurologico Nazionale Mondino di Pavia. Le Dottoresse Sogni incontrano Diana*, una 16enne ricoverata nel Reparto di Neurologia dell’infanzia e Neuropsichiatria Infantile. Ecco come si sono ritrovate tutte e tre all’ombra di un enorme albero, al centro di una stanza d’ospedale, unite per un lungo istante da un canto dell’anima.
Diana ha 16 anni e si è rotta un piede per aver preso a calci una porta.
Entrate nella sua stanza, la troviamo seduta per terra, in un angolo, la testa tra le mani. Vengo subito colpita da uno sguardo furtivo e cupo sparato da dietro una cortina di lunghi capelli. In camera c’è anche un medico.
“Diana è molto arrabbiata con i suoi genitori e si fa del male, credendo che la sua sofferenza possa servire a far star male anche loro”, dice il Dottore rivolgendosi alla Dottoressa Flora e a me. E poi, rivolto di nuovo a Diana: “Non ti andrebbe di farti distrarre un po’ da queste dottoresse? Ora ti lascio con loro, datti almeno una possibilità”. Con nostro profondo sconcerto, il Dottore si alza ed esce dalla stanza.
Da quel momento in poi cala un fitto e pesante silenzio, interrotto solo dalle nostre domande che cadono nel vuoto. A un certo punto Flora tira fuori la carta da lettere e propone: “Scriviamo dei pensieri”. Diana non risponde. Allora dico di voler scrivere una lettera che poi si trasformerà in una barchetta da portare al mare. Flora si illumina: “La offriremo a Yemaja, la Dea del Mare brasiliana!”.
Inizio a scrivere in una sorta di invocazione improvvisata. Anche Diana comincia a scrivere fitto fitto, un foglio dopo l’altro prontamente fornito dalla Dottoressa Flora. Quando finisce il flusso di parole dalle nostre penne, mi offro di condividere il mio scritto. Gli occhi di Diana sembrano dirmi che posso farlo. Poi con un gesto mi fa capire di leggere ad alta voce anche i suoi tre fogli.
Ora in mezzo a noi c’è un macigno.
Flora chiude gli occhi e suggerisce di prenderci per mano. In assenza delle mani di Diana, mettiamo le nostre mani sulle sue ginocchia, per fare un viaggio. Flora ci guida verso un enorme albero, con profonde radici, grandi rami e foglie che tremano al vento, gli uccelli vi hanno fatto un nido e ci guardano dall’alto.
E poi il silenzio regna tra noi, ma è un silenzio nuovo, leggero, terso. Da qui nasce un canto, è un canto delle origini, un canto di innocenza, un canto dell’anima. Mi unisco al canto della Dottoressa Flora. Da qui si apre uno spiraglio che permette a Diana di lasciare andare sommessamente i suoi singhiozzi. Apriamo gli occhi, mettiamo i suoi fogli in una busta da lettere e ci scrivo sopra: “A Diana”.
“Adesso voglio stare sola”. Usciamo dalla stanza e ci ributtiamo in corsia.
Alla fine del pomeriggio, troviamo Diana seduta al tavolo della sua stanza.
Il suo sguardo è cambiato e ci saluta con un sorriso a 44 denti.
Ci è sembrato di vederla con una penna in mano.
Dottoressa MaDai
IRCCS Istituto Neurologico Nazionale Mondino, Pavia
* Nome di fantasia a tutela della privacy.